Chiara Cavalleris, una direttrice Punk Cake
Con quattro milioni di utenti unici e sei di pagine viste al mese, Dissapore è uno dei siti gastronomici più fortunati d’Italia. Lo deve all’intuizione del suo fondatore Massimo Bernardi, che prima di lasciare nel 2018 aveva creato uno spazio irriverente come nessuno – “nulla di sacro tranne il cibo” ne è da sempre il motto; lo deve al mix di ricette, notizie selezionate da altre testate e articoli originali tra l’inchiesta e il commento caustico; lo deve soprattutto all’attuale direttrice Chiara Cavalleris, che dall’addio di Bernardi ha preso di fatto la guida del sito (oggi del gruppo umbro NetAddiction) e liquidamente lo governa dalla Torino dove abita. Piemontese di Castagnole delle Lanze, trent’anni, temperamento esplosivo, una passione per i vestiti vistosi, Cavalleris è la meno sabauda delle giornaliste: la persona giusta per guidare un sito che po’ esse’ piuma come GialloZafferano ma po’ esse’ anche fero come Dagospia.
Cavalleris, cosa significa essere irriverenti?
Quando nacque Dissapore nel 2009 il mondo del cibo era tutto diverso, nemmeno esisteva Masterchef. Bastava deviare dalle solite ricette per fare un racconto fuori dalla norma. Ora la provocazione è dappertutto, anche nella comunicazione istituzionale. Quindi oggi essere “irriverenti” significa essere sinceri, prendersi la briga di uscire dalla visione unanime e dominante che racconta mille volte Bottura allo stesso modo.
Come ci si sottrae a questo pensiero unico?
Facendo cose diverse. Il giornalismo gastronomico oggi è concentrato esclusivamente su critica e storytelling. E dello storytelling – le piccole aziende, i produttori eroici… – non se ne può più. Io vorrei avere i mezzi per fare più inchieste, per essere meno patinati.
Ecco, i soldi: come si fa a recensire i ristoranti costosi? Rimborsate le spese?
Noi rimborsiamo sempre le spese, in alcuni pezzi pubblichiamo gli scontrini, un modo veloce per comunicare trasparenza. Ma certo i conti da 300 euro non ce li possiamo permettere. E dunque: non recensiamo i grandi ristoranti! Ci è più facile seguire i bistrot, le nuove trattorie. Poi magari può capitare di andare a una cena dedicata alla stampa per vedere un locale, ma non per giudicarlo: che tristezza dopo un evento leggere la stessa recensione con gli stessi piatti su tanti siti quanti gli ospiti.
Vi capita di scrivere pezzi molto sarcastici. Mai avuto guai con gli avvocati?
Uh, abbiamo fatto arrabbiare tanta gente. Il primo che mi viene in mente: lo chef Gennaro Esposito. E poi siamo pieni di diffide! Ci diffidano tutti per intimorirci, poi quando vedono che gli avvocati ce li abbiamo anche noi la gran parte delle pratiche evapora. E anche noi ci facciamo sentire: durante la pandemia con quelli di #ioapro ci siamo diffidati a vicenda.
Quali sono stati i vostri pezzi più letti negli ultimi tempi?
In assoluto: “Pastiera fatta in casa: mia madre contro Antonino Cannavacciuolo.” La notizia che abbiamo trovato noi: “Esselunga sta razionando il lievito”. Longform classico editoriale: “A Firenze hanno riaperto le buchette del vino”.
Siete un sito nazionale, ma la testa a Torino. Quanto fa notizia la città?
Tanto quanto le altre grandi città italiane. Ci sono begli indirizzi, abbiamo una regione e un capoluogo gastronomicamente maturi. Certo, è un posto che non ama i cambiamenti, dove chi rischia spesso fallisce. Penso alle grandi operazioni nella ristorazione che negli ultimi anni non hanno funzionato. Questo è abbastanza sconfortante.
I suoi posti preferiti?
Senza dubbio Razzo. Poi l’attuale gestione di Gaudenzio. Condividere è incredibile, se anche vivessi a 500 km ci verrei apposta. Mi piace tantissimo Vale un Perù dove bevo cocktail fino a star male. Ancora Orso: sono bravissimi. E sicuramente Dunque, il posto dove spendo la maggior parte del mio reddito: per quanto decisamente meno gastrofighetto ha una selezione vini alla mescita top e fanno i cocktail da paura.
Quello della gastronomia e della critica sono mondi molto maschili. Mai avuto problemi come donna?
Odio che quando mi vedono donna, giovane, che si occupa di cibo mi chiedono: ah, sei una blogger? Un’influencer? No, non so cucinare, non sono forte con i social: sono una giornalista che fa il proprio mestiere tentando di migliorare giorno dopo giorno.