Il Giro d’Italia del gusto: ho provato (quasi) tutto tra Avola e Verona
Eccomi! Finalmente l’embargo è finito. Mi scuso, mi inginocchio, mi dolgo con tutto il cuore: lo so, sono scomparso per quasi un mese. La verità, però, è che ho avuto l’occasione di fare una delle cose più belle del mondo: viaggiare per l’Italia per scoprirne i luoghi, la magia e, soprattutto, i sapori. Si può chiedere di più nella vita?
I fatti: ho percorso tutte le tappe del Giro d’Italia da Avola a Verona – dove la carovana arriverà il 29 maggio – per realizzare dei reel che vengono pubblicati dal primo giorno del Giro sul profilo Instagram del turismo italiano, Italia.it. Loro li mettono su giorno per giorno come stories, io con qualche giorno di ritardo come reel sul mio profilo. E per questo devo dire grazie a ENIT, a RCS e all’agenzia di produzione Hellodì per avermi scelto per un tanto godurioso compito.
Oggi ho finito il mio viaggio, con una decina di giorni d’anticipo sul Giro (te credo: io mica andavo in bicicletta!) e i video saranno pubblicati mano mano, e dunque posso fare un bilancio. E il bilancio è che questo paese è così accogliente, bello e buono che ci vivrei. Ah, ci vivo: che culo!
I posti, le persone, le cose buone sono così tante che elencarle tutte sarebbe impossibile, e allora permettetemi di citare le esperienze che proprio mi rimarranno nel cuore forever.
Una cena strepitosa – stre-pi-to-sa – da Mimì alla Ferrovia a Napoli: la genovese che pippiava sul fuoco, il babà più grande del mondo, la mozzarella e i peperoni mbuttunati, ma soprattutto l’accoglienza luminosa di Salvatore Giuliano e di tutti i camerieri. Napoli è Napoli: dopo dieci minuti ero in cucina a portare i piatti con addosso una giacca da cameriere. Ah, che meraviglia.
Un pranzo di pesce vero, di quelli che capitano di rado alla Vecchia Marina di Roseto degli Abruzzi: scampi squisiti, materia prima impeccabile, pura goduria. Gennaro d’Ignazio che si siede con noi, ci spiega come si pesca, ci porta in cucina a vedere le meraviglie. Poco prima eravamo stati sulla Costa dei Trabocchi, poco a sud di Pescara, dove le antiche macchine da pesca si inseguono una accanto all’altra. Uno dei posti più magici d’Italia.
Un primo detour: guardando il navigatore, ignorante come sono sulla geografia dell’Italia centrale, scopro che Isernia, tappa del Giro, è a un passo da Castel di Sangro: Vuoi non fare un passo al Reale di Cristiana e Niko Romito? Un tavolo c’è. È c’è forse il menu più interessante e buono della cucina italiana contemporanea. Pure love.
Posti incredibili: la laguna di Marano. Saliamo sulla barca di Stefano e ci porta al Villaggio dei Casoni, le casette di pesca in mezzo ai canali. Pane, salame, formaggio, cos’altro si può volere? Lo so: un fritto in un bilancione, gli antichissimi attrezzi di pesca, delle reti che vengono calate nel canale da quattro antenne. Il titolare della Bilancia da Bepi cala la rete, la salpa, i pesci guizzano, e noi ci sediamo a tavola. Ah, l’Italia.
Diamante, chi se l’aspettava. Vado mai in Calabria. E invece ci capito in bassa stagione in una giornata calda e luminosa. Un giro tra i murales bellissimi nel centro del paese, poi un bagno nel Tirreno immacolato, non un bagnante, non un turista, nessuno. E poi a mangiare la pasticceria a base di cedro alla Pasticceria Pignataro a Scalea: che accoglienza, che bontà. Le “caramelle” al cedro (in realtà un dolce di sfoglia che pare una caramella).
Trattoria dei Pompieri, Verona. Che poi è un ristorante classico, di quelli belli, accoglienti, borghesi: i camerieri in divisa, i salumi appesi, le foto, un angolo con l’affettatrice e il signore che taglia. Cosa? I migliori salumi mangiati negli ultimi tempi. Tutti di Verona e della Valpollicella. Una soppressa da piangere. E un tiramisù da cento e lode (a me non importa chi l’ha inventato, basta che sia squisito). PS: grazie a Diego Rossi per la dritta.
Caseificio Ugolotti, Parma. Passeggiare in mezzo al Parmigiano, mangiarlo, batterlo. Una cosa che ogni cittadino italiano dovrebbe fare. Mamma che buono il Parmigiano.
Un secondo detour. Vedi a conoscere la geografia: dopo essere stato nella tappa di Jesi – e aver assaggiato i grandi vini di Ampelio Bucci (in compagnia del super Gabriele Tonfani) – Marzocca di Senigallia è a un passo. E allora cena alla Madonnina del Pescatore da Moreno Cedroni: Mariella e Moreno non sono un ristorante, sono famiglia. Loveyou.
Isernia. Così, su due piedi non sappiamo tanto cosa assaggiare. Ma ci imbattiamo nel Caseificio Nucci che non solo ci accoglie a braccia aperte ma ci fa assaggiare uno dei migliori caciocavallo di sempre. Dolce. Morbido. Squisito.
La Piscaria di Catania, l’antico mercato del pesce. Che posto incredibile è? Parlo con i pescatori, mangio gamberi rosa così, crudi, senza troppe domande. E poi uno spuntino da quei geni di Scirocco, che qualche anno fa hanno aperto uno street-food accanto al mercato e adesso hanno persino un ristorante.
Noto. Caffè Sicilia. Che te lo dico a fa’.
Badalucco. Seratissima tra i olivi con la famiglia Roi, in mezzo alla Liguria più ruspante. E poi cena nel nuovissimo ristorante della zona, Umami, che ha il coraggio di fare incontrare la cucina ligure con quella internazionale. Buon vento!
Sanremo. Il quartiere della Pigna. Non ne avevo nemmeno mai sentito parlare: ignorante! Uno dei posti più affascinanti scoperti negli ultimi anni, un dedalo di vicoli bui che pare d’essere tornati nel Medioevo. E si mangia la sardeniaria!
Cuneo: La pasticceria Arione, quei caffè storici tutti legni, boiserie, specchi. Ma soprattutto meringhe e cuneesi al rum. Anche in questo caso: che te lo dico a fa’.
Terzo detour: voglio dire, Marano Lagunare è un passo da Venezia e dal Venissa di Chiara Pavan e Francesco Brutto. Il ristorante stellato è alle Fondamenta di Santa Caterina, accanto a Burano – con la quale la collega un ponte – ma Chiara e Francesco ci fanno un trattamento speciale: cucina classica, quella della tradizione. Perfetta. Spaghetti acciughe e pomodoro, baccalà, verdure, saor. I grandi cuochi si vedono nel momento del bisogno di classicità. Vi amo. E poi due passi per Burano, con questi due personaggi unici, così indipendenti, così liberi. Super.
Lavarone. Ehi, che ganzo è il Drago di Vaia dell’artista Marco Martalar?
Torino: portare l’operatore al Caffè Vini Emilio Ranzini per fargli vedere la Torino vera non ha prezzo. Anzi, sì: quello dei peperoni con le acciughe e la barbera.
Rivarolo: ma chi lo sapeva che il primo direttore del Metropolitan Museum of Art di New York era di Rivarolo? Eh? Chi? Per digerire la notizia ho dovuto mangiarmi un interno salampatata.
Treviso. Ristornate Basilisco (consigliato da Chiara e Francesco del Venissa): grandi nuotatori, che squisitezza.
Alla fine del tour mi è chiara una cosa: non vedo l’ora di ripartire. Viva Torino, viva l’Italia, viva le cose buone.